mercoledì 23 maggio 2018

ANNO 2017, TRANSAZIONI IN ITALIA




Nel 2017 il numero di compravendite nel settore residenziale è aumentato del 4,9% rispetto al 2016. le città che hanno registrato i maggiori rialzi sono Milano, Palermo, Firenze e Napoli, mentre Bologna è l’unica a mostrare il segno meno. È questo il quadro sintetico che emerge dal Rapporto immobiliare residenziale 2018, lo studio che analizza il trend del mercato della casa nel 2017, realizzato dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate in collaborazione con l’AbiAssociazione bancaria italiana.
Secondo il rapporto, per quasi la metà degli acquisti di abitazioni effettuati da parte di persone fisiche (circa 260mila) si è fatto ricorso a un mutuo ipotecario, con una crescita del 7,8% rispetto al 2016. Nel 2017 migliora anche l’indice di affordability, ovvero l’indicatore che misura la possibilità di accesso delle famiglie all’acquisto della casa.
Bene anche il mercato delle pertinenze (+12,4%) e quello di box e posti auto (+3,8%). Le abitazioni locate sono state, invece, quasi 1,4 milioni, in lieve diminuzione (-0,8%) rispetto al 2016. Aumentano, anche se debolmente, gli acquisti delle abitazioni in nuda proprietà (+1,3%).
È questo il quadro che emerge dal Rapporto immobiliare residenziale 2018, lo studio che analizza il trend del mercato della casa nel 2017, realizzato dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate in collaborazione con Abi, l’Associazione Bancaria Italiana, e presentato oggi.
Il mercato del mattoneNel 2017 il mercato immobiliare residenziale ha registrato 542.480 transazioni, in crescita del 4,9% rispetto all’anno precedente. I rialzi più accentuati hanno interessato le aree del Nord Ovest (dove si concentra oltre un terzo del mercato nazionale) con un incremento del 5,3% e quelle del Sud, con un +5,8%; una crescita minore ha, invece, caratterizzato l’area del Centro (+3,5%).
Si stima che nel 2017 siano stati spesi 89,6 miliardi di euro per gli acquisti di case in Italia, 500 milioni in più rispetto al 2016. A livello nazionale la superficie media di un’abitazione compravenduta è stata di 105,8 m2.
Il trend nelle regioni e nelle grandi città 
A livello regionale, la Campania incrementa le compravendite di oltre 8 punti percentuali, seguita dalla Calabria, dalla Toscana e dalla Sardegna, dove il rialzo delle compravendite supera il 6%. Lievemente negativo, invece, il trend nell’Umbria e nelle Marche, due regioni che sono state interessate da importanti eventi sismici.
Tra le grandi città, i rialzi più elevati si sono registrati a Milano (8,1%), Palermo (+7,9%), Firenze (+7,8%), Napoli (+7,4%) e Torino (+4,9%). Seguono Genova e Roma, cresciute rispettivamente del 3,3% e del 3%, mentre Bologna è stata l’unica, tra le grandi città, a chiudere il 2017 in calo (-3,3%).
Le abitazioni acquistate con mutuo
Nel 2017 le abitazioni acquistate tramite mutuo ipotecario sono state 259.095, in crescita del 7,8%. Nelle aree del Nord e del Centro più della metà degli acquisti avviene con l’ausilio del mutuo, mentre al Sud e nelle Isole si ricorre al finanziamento ipotecario solo in 4 casi su 10.
Il capitale complessivo erogato ha toccato quota 32,7 miliardi di euro, circa 3 miliardi in più rispetto al 2016 (+9,1%). In media, per l’acquisto di un’abitazione sono stati erogati 126mila euro, una somma che rappresenta circa il 71% della spesa di acquisto.
Il tasso medio applicato dalle banche è rimasto sostanzialmente invariato (2,38%), come stabile è rimasta la durata media del mutuo, quasi 23 anni. I tassi medi sono più elevati nelle regioni del Sud (2,59%) e nelle Isole (2,53%) e più bassi nelle aree del Nord (2,25% al Nord Est e 2,26% al Nord Ovest).
Le locazioni 
Nel 2017 sono stati circa 1,7 milioni i nuovi contratti di locazione registrati presso l’Agenzia delle Entrate, per un totale di oltre 2 milioni di immobili. Complessivamente le abitazioni locate nel 2017 hanno rappresentato circa il 6% dello stock potenzialmente disponibile. La superficie media dell’abitazione locata è stata di circa 86 metri quadrati, con un canone annuo medio per unità di superficie pari a 65,4 €/m2.
L’indice di affordabilityElaborato dall’Ufficio Studi Abi secondo le prassi metodologiche di matrice anglosassone, l’indice di affordability sintetizza l’analisi dei diversi fattori (reddito disponibile, prezzi delle case, andamento dei tassi di interesse sui mutui) che influenzano la possibilità per le famiglie di comprare casa ricorrendo ad un finanziamento e ne descrive l’andamento.
Nel 2017 l’indice è aumentato per il quinto anno consecutivo, segnalando quindi una maggiore possibilità per le famiglie di acquistare un’abitazione. In dettaglio, nel secondo semestre del 2017 l’indice è risultato pari al 13,5%, valore che rappresenta il nuovo massimo storico e si colloca 2 decimi sopra rispetto al 2016 e 9 punti percentuali oltre il minimo toccato nel primo semestre del 2012.
In termini congiunturali, il miglioramento dell’ultimo anno è prevalentemente riconducibile alla riduzione del prezzo delle abitazioni rispetto al reddito disponibile. In termini di livelli rispetto al 2004, inizio periodo della rilevazione, va, tuttavia, notato come prevale il ruolo della componente finanziaria, espressione del tasso di interesse sui mutui residenziali per le famiglie, che risulta positiva da otto anni, mentre la componente reale, espressione del prezzo delle abitazioni rispetto al reddito disponibile, è ancora in territorio negativo, anche se in progresso da 13 semestri.
In miglioramento anche gli aspetti distributivi: nel secondo semestre del 2017, la quota di famiglie che dispone di reddito sufficiente a coprire il costo annuo del mutuo per l’acquisto di una casa è pari al 75%, nuovo massimo storico, superiore di 2 punti percentuali rispetto a fine 2016. Il miglioramento delle condizioni di accesso all’acquisto di una abitazione è risultato piuttosto omogeneo sia per diversi segmenti di famiglie che a livello territoriale: riguardo le prime, nel 2017 sia le famiglie giovani non proprietarie di case che le famiglie che abitano nelle grandi città hanno confermato, migliorandola ulteriormente, la propria condizione di accessibilità; per quanto riguarda l’indice disaggregato a livello territoriale, tutte le regioni hanno migliorato nel corso del 2017 il livello del proprio indice diaffordability e 17 delle 19 regioni considerate hanno stabilito un nuovo massimo storico dello stesso.

sabato 10 marzo 2018

Il mattone negli ultimi 25 anni

Scenari Immobiliari
Dal 1993 ad oggi il mercato immobiliare ha attraversato quattro fasi, con anni di contrazione alternati a momenti di crescita. Oggi ci troviamo all'alba di una nuova fase di espansione. 
A dirlo è un'analisi di Scenari Immobiliari, che ha monitorato l'andamento del mattone negli ultimi 25 anni.

La curva dei prezzi

A partire dal 1993 si possono distinguere quattro grandi fasi del mercato residenzialeper i prezzi medi reali:
Fase di contrazione: 1993-1999 (meno 19,2 per cento)
Fase di crescita: 2000- 2007 (più 32,6 per cento)
Fase di contrazione: 2008-2015 (meno 24,1 per cento)
Fase di crescita: dal 2017 in poi
I prezzi reali mostrano una curva in salita fino al 1992, mentre dal 1993 cominciano a scendere fino al 1998, quando si attestano a una media nazionale di 1.588 euro al metro quadro, contro i 2.149 euro al metro quadro del 1992. Le compravendite di case, invece, iniziano ad aumentare dopo alcuni anni di stabilità, prima in maniera modesta tra il ’96 e il ’99, poi in modo sempre crescente nel nuovo millennio.
Il calo dei prezzi che si verifica nel 2008 è stato causato principalmente dal crollo del mercato immobiliare degli Usa e dal fallimento delle saving banks, che hanno affossato i mercati europei, non ultimo quello italiano. In questo frangente critico si è quasi arrivati a toccare i livelli raggiunti durante il precedente periodo di decremento
I prezzi medi reali in Italia continuano ancora il calo, ma ad una velocità decisamente frenata. Nel 2016 la variazione annuale dei prezzi medi nominali si attesta allo 0,5 per cento in meno dal 2015, meno 1,2 rispetto al 2000 in termini reali. Nel 2017 invece si stima una lieve ripresa (tra lo 0,3 e lo 0,8 per cento rispetto al 2016). Roma e Milano, dimostrano che anche in tempi di recessione le eccellenze rimangono incontrastate. A partire dal 1990 le due più grandi metropoli italiane, capitali della politica, Roma, e della finanza, Milano, registrano un andamento dei prezzi nettamente superiore alla media italiana. Infatti, la fase di contrazione dei prezzi in queste città si è arrestata nel 2015, anticipando la tendenza che il mercato ha imboccando solo negli ultimi mesi del 2016.
Nel 2017 i prezzi medi nominali sono in aumento del 48,4 per cento a Roma dal 1993 e del 43,5 per cento a Milano nel semicentro, mentre la media italiana si attesta sul 37 per cento in più dal 1993. Le curve di andamento di Roma e Milano seguono quella nazionale, ma a dieci punti di distanza circa in media: la guardano dall’alto. Anche per ciò che riguarda i prezzi reali le due città italiane mostrano di tenere un andamento migliore di quello italiano. Solo il centro di Milano vede un aumento del nove per cento rispetto a 25 anni fa, ma il suo semicentro, così come quello romano, mostrano un calo dei prezzi medi reali dell’otto e dell’undici per cento rispettivamente.

L'andamento delle compravendite

Il flusso di transazioni più importante del secolo inizia proprio quando i prezzitendono a risalire nel 2000, e prosegue per sette anni, toccando anche le 900mila compravendite nel 2003, fino all’avanzare della crisi economico-finanziaria nel 2010. In questi otto anni la dinamicità del mercato si aggira attorno ai trenta punti percentuali, segnando i valori più alti finora rilevati in Italia.
Nel 1993 il volume delle transazioni registrato fu di 502mila compravendite, l’undici per cento in meno delle 560mila previste per il 2017. In quell’anno si registrava che la maggioranza degli acquisti di abitazioni era rivolta a fornire un tetto ai propri figli e solo dopo veniva la spesa per la prima casa, mentre ora l’equazione si inverte.
I primi anni del nuovo millennio si mostrano promettenti: crescita del prodotto mondiale elevata e stabile guidata dalle economie emergenti, e al contempo bassa inflazione, sviluppo della finanza in condizioni di abbondante liquidità, con bassi tassi d’interesse; un’ampia e crescente disponibilità di credito e, di conseguenza, riduzione del costo dei mutui. Anche il mercato immobiliare registra una rapida scalata verso la vetta, con prezzi reali in aumento. E in ultimo, cresce notevolmente il numero di agenti immobiliari, che tra il 1993 e il 2017 aumenta del 127,3 per cento.
Il periodo di discesa si è aperto con la crisi dei mutui subprime negli Stati Uniti e ha portato, come conseguenza, un generale affossamento dei mercati europei. In un tale scenario non poteva che aumentare la disoccupazione, provocando una contrazione dei redditi e un blocco degli investimenti, che ha generato la recessione del mercato delle abitazioni. Si puntualizza che tale sconvolgimento finanziario ha avuto conseguenze più gravi in Italia, mentre l’Europa, e ancor più gli Usa, sono stati in grado di superarla più rapidamente. 
A partire dal 1993, il valore più basso in termini di compravendite è stato registrato nel 2013, quando se ne contarono appena 410mila. I prezzi continuano il calo ancora oggi, ma ad una velocità decisamente frenata. Solo in tempi recentissimi si può affermare di notare una ripartenza del mercato, dato che i prezzi hanno da poco fermato la loro discesa e le compravendite sono tornate ad aumentare.
È alle porte un nuovo ciclo e una nuova fase di espansione, anche se più light di quelle precedenti. Un incremento più deciso si è visto nel corso del 2016, e le stime per il 2017 sono di ulteriore incremento, con 560mila compravendite attese per la fine dell’anno. L’aumento dei prezzi reali delle abitazioni è legato alle pressioni demografiche e ai fenomeni di urbanizzazione avvenuti in un territorio limitato e sottoposto a vincoli via via più stringenti.
Il sorgere di abitazioni in aree periferiche, meno pregiate e più lontane dai centri e dalle risorse lì disponibili, ha innalzato la richiesta (e dunque il valore) delle abitazioni preesistenti costruite nelle aree centrali, facendo emergere significativi capital gains. Questo aumento genera problemi di disuguaglianza: rende più difficile acquistare un’abitazione per chi non ne possiede, come per esempio i giovani. Tuttavia l’elevata diffusione del possesso di abitazioni in Italia ridimensiona i rischi di insostenibilità delle tensioni sociali evocati dalla crescita del rapporto tra ricchezza e reddito. In un Paese in cui la proprietà della casa è tanto diffusa, l’aumento del prezzo delle abitazioni tende ad avere l’effetto di livellare le disuguaglianze di censo.

Il problema abitativo

Ciò che si aggrava è il problema abitativo di chi non possiede una casa e ambisce ad acquistarne una, un problema che riguarda oggi meno del venti per cento della popolazione, di cui soprattutto i giovani di età compresa tra i 20 e i 34 anni, questione centrale in Italia. I Millennials rappresentano il 16,4 per cento dei cittadini italiani, la percentuale più bassa tra i Paesi dell’Unione europea.
La fotografia attuale della popolazione nazionale mostra un Paese invecchiato. L’Italia è dagli anni settanta del secolo scorso una delle nazioni con il più alto tasso di proprietari di immobili. Il mito del mattone stenta ad essere dimenticato e molte famiglie sono disposte ad attingere ai propri risparmi per poter permettere ai figli di acquistare una casa: una sicurezza indiscussa. Riuscire a comprare una casa è il sogno di tutti i giovani, anche se attualmente poco realizzabile. 

venerdì 19 gennaio 2018

I prezzi delle case sembrano rappresentare il tallone d’Achille del mercato immobiliare italiano.





In un articolo pubblicato sul Financial Times viene evidenziata la caduta dei valori, sulla scia dei dati resi noti dall’Istat, in controtendenza all'aumento registrato nel resto d'Europa.

I mali del settore rappresenterebbero, inoltre, un freno alla ripresa del sistema bancario italiano, ancora in difficoltà.
Come sottolineato, in un Paese in cui oltre il 72% delle famiglie possiede una casa, la caduta dei prezzi  alimenta il malcontento economico.
Oltre l’80% degli italiani ritiene che la situazione economica sia negativa, secondo Eurobarometro.
 Inoltre, i mali del mercato immobiliare italiano rappresentano un freno al sistema bancario del Paese, che sta ancora lottando per riprendersi dalla crisi finanziaria.
Il Financial Times ha evidenziato che l’Italia è stato l’unico Paese nell’Ue in cui i prezzi delle case si sono contratti nel secondo trimestre dello scorso anno, secondo gli ultimi dati di Eurostat.

Al contrario, quasi i due terzi dei Paesi dell’Ue segnalano una crescita dei prezzi delle case di oltre il 5%. In termini reali, i prezzi reali delle case in Italia sono diminuiti costantemente dal 2007, colpendo il settore delle costruzioni, che si è quasi dimezzato rispetto ai livelli precedenti la crisi. Nel 2016 il 4,4% delle imprese di costruzione è andato in rovina, secondo i dati del Cerved.

Sul fronte dei prestiti legati alla proprietà immobiliare, i prestiti in sofferenza sono stati il doppio rispetto a quelli del settore manifatturiero. Nel complesso, il sistema bancario italiano sta migliorando, ma i prestiti legati alla proprietà fanno da freno. Lo smaltimento dei crediti immobiliari, inoltre, è stato più lento rispetto ad altri settori.

Secondo Luca Dondi, amministratore delegato di Nomisma, i proprietari di case sono stati riluttanti nel riconoscere la realtà dei prezzi più bassi, dando vita a una crescente scorta di alloggi invenduti che ha ritardato il rimbalzo.


In un circolo vizioso, anche le vendite di proprietà recuperate dalle banche stanno contribuendo alla prolungata contrazione dei prezzi delle abitazioni. 


EVOLUZIONE DEL PREZZO DELLE CASE IN EUROPA



I prezzi delle case sono cresciuti su base annua del 4,1% nell’Eurozona e del 4,6% all’interno dell’Unione europea nel terzo trimestre del 2017. A renderlo noto l’Eurostat. In controdenza sempre il nostro Paese, dove i prezzi continuano a scendere.
Nell’Eurozona su base trimestrale la crescita è stata pari all’1,7% e nell’Europa a 28 i prezzi delle case sono aumentati dell’1,7% rispetto al secondo trimestre del 2017.
Quotazioni immobiliari in crescita dunque, ma guardando la situazione dei singoli Paesi non passa inosservata l’Italia. Nel nostro Paese, infatti, i prezzi sono scesi dello 0,9%.

I maggiori aumenti

Tra i Paesi che hanno registrato un maggior aumento delle quotazioni immobiliari su base annua ci sono la Repubblica Ceca (+12,3%), l’Irlanda (+12%) e il Portogallo (+10,4%). Sul trimestre, i principali aumenti sono stati registrati in Irlanda (+5,7%), a Malta (+4,3%), e in Olanda (+3,7%),

I cali

A registrare cali, su base trimestrale, sono la Romania (-1,6%) e la Finlandia (-0,5%). L’Italia, come detto, ha fatto registrare un calo dello 0,9% su base annua e dello 0,5% su base trimestrale.

Il commento di Confedilizia

Il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, ha commentato su Twitter i dati diffusi dall’Eurostat scrivendo: “Puntuale, arriva dall’Eurostat il periodico comunicato sull’anomalia del mercato immobiliare italiano. I prezzi delle case (e cioè i risparmi delle persone) calano ancora nel nostro Paese e crescono nel resto d’Europa. Che cosa pensano di fare i partiti?”.
L’area euro è costituita da Belgio, Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Cipro, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Austria, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e Finlandia.

L’Unione europea include Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Cipro, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia, Finlandia, Svezia e Regno Unito.

Legge di Bilancio 2018, cedolare secca.

Risultati immagini per cedolare secca


Legge di Bilancio 2018, cedolare secca al 10%

Nella legge di Stabilità 2018 è contenuta la proroga anche per il biennio 2018-2019 della cedolare secca al 10% per gli affitti a canone concordato
 Alle locazioni di mercato si applica invece l'aliquota standard del 21%.
La cedolare ridotta si applica, secondo quanto chiarito dall'Agenzia delle entrate ai "contratti di locazione che, oltre a essere riferiti a unità immobiliari ubicate nei comuni con carenze di disponibilità abitative (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia, nonché i comuni confinanti con gli stessi e gli altri comuni capoluogo di provincia) e negli altri comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), siano stipulati a canone concordato sulla base di appositi accordi tra le organizzazioni della proprietà edilizia e degli inquilini (articolo 9, comma 1, Dl 47/2014)".
Il contratto "concordato" è caratterizzato da un canone calmierato, a differenza del canone libero che dipende dai prezzi di mercato. 
Tale tipologia può essere utilizzata per i contratti a uso abitativo, a uso transitorio e per gli studenti universitari
Riguarda le abitazioni di proprietà dei privati concesse in locazione a privati, studenti e cooperative/enti senza scopi di lucro.
Nel contratto di locazione a canone concordato il canone non può superare un tetto massimo stabilito da accordi territoriali tra le principali organizzazioni dei proprietari e degli inquilini. 
La durata del contratto di locazione a canone concordato può essere di 3 anni + 2 di rinnovo (o 3) per le abitazioni; di 6 mesi fino a 3 anni per gli studenti universitari; di 1 mese fino a 18 mesi per i contratti transitori.

Opzione cedolare secca per l'affitto di un appartamento condominiale?

L'opzione della cedolare secca si può applicare anche al contratto di affitto di un appartamento di proprietà condominale? 
Come chiarisce il Fisco, l'opzione per la cedolare secca non è ammessa per i redditi derivanti dalla locazione di immobile a uso abitativo oggetto di proprietà condominiale. 
Questo considerando le particolari regole che sovrintendono alla gestione delle parti comuni e alla circostanza che i contratti sono usualmente stipulati e registrati dall'amministrazione utilizzando il codice fiscale del condominio.